128. La crisi della Stock e l’alcol per i nostri ragazzi

S[Fiori di capperi sul sentiero Rilke]

 

Vuoi per il mese d’agosto scarno di grandi scoop, vuoi per il periodo che mi tiene forzatamente fermo a casa nel tardo pomeriggio sera (il mattino devo prendere in giro Brunetta), mi ha colpito una notizia passata in sordina. A Trieste si sta trattando per il futuro della storica leggendaria Stock. L’industria di liquori fondata da Lionello Stock nel 1884 e venduta, negli anni ’90 alla tedesca Eckes, è stata a sua volta venduta, lo scorso anno, al colosso finanziario statunitense Oaktree. La Oaktree, che pone a fondamento della sua filosofia finanziaria il motto “se eliminiamo i perdenti, i vincenti baderanno a loro stessi”, a metà luglio ha comunicato l’intenzione di trasferire gli uffici amministrativi e commerciali della Stock da Trieste a Milano; i 40 dipendenti delle aree interessate dovranno scegliere tra il trasferimento e il licenziamento. Qui in città siamo tutti mobilitati. Stiamo somministrando Limoncè e Keglevich ai nostri ragazzi, per aumentare il consumo e far produrre di più. Sì, perché uno dei punti della trattativa che vede impegnati il Prefetto di Trieste, il Presidente della Provincia di Trieste Poropat ed il sindaco Di Piazza in persona è proprio una produzione minima di liquore. Io sono d’accordo. Anche un solo posto di lavoro perso è una tragedia per una famiglia. Ma il mercato del lavoro non è un benefattore. Io ho visto chiudere la mitica Ansaldo, altro colosso fondato da Giovanni Ansaldo alla fine dell’800 e svenduta agli americani nel 2001, Asi Robicon. Dopo ben 14 anni di attività, prima che mi chiedessero il trasferimento al gruppo Riva Ilva di Taranto, ho barattato per l’ennesima volta il mio Know How, mi sono rimesso in discussione, ho accettato un nuovo lavoro ed ho preso la via di Trieste, 1050 km di distanza dall’ambiente che avevo costruito con amore e passione. Ora 40 triestini chiedono di non spostarsi a Milano, 400 chilometri, e di aumentare la produzione di alcol. Potrei sembrare cinico e spietato, ma la legge del mercato, il capitalismo impone certe scelte. Non possiamo indignarci e far finta di soffrire per un evento così “catastrofico”. Altrimenti l’unico rimedio è quello di aumentare il consumo di alcol. Non ne abbiamo già abbastanza? Non possiamo riciclarci? Una chicca! Le industrie che producono bevande alcoliche propongono pubblicità e campagne per conquistare il pubblico minorile, fidelizzano il cliente sin dall’età scolare, e poi la Stock ti chiede di cliccare sul pulsante “SI” per entrare a visitare il proprio sito, in risposta alla domanda: “Può accedere a questo sito solo chi ha compiuto 18 anni e può consumare alcolici (clicca sull’immagine per accedere al sito)”. IPOCRITI!

Commento Uno
I soliti ricatti dell’imprenditoria, Vuoi conservare i posti di lavoro? Allora xyz. Profitto, difesa del lavoro, ipocrisia. L’alcool uccide ma è una sostanza della nostra tradizione non come la ben più innocua marijuana. L’alcool uccide ma fa profitto, quindi Libiam nei lieti calici!

Commento Due
E’ vero, non bisogna cedere ai ricatti né, per colpa di essi, venire a patti con la nostra coscienza. È un problema pubblico, quello del lavoro, checché i politici vogliano convincerci della dimensione privata dei contratti e dell’economia. Sta ai dirigenti scegliere e, nella scelta, tutelare il lavoratore al pari trattamento quo antes. L’etica del lavoro è un argomento complesso, troppo legato alle ragioni economiche ed allo stato delle cose del paese: se te lo puoi permettere, fai battaglie. Il mio amico, potendo, s’è licenziato da un’industria di fabbricazione di armi. Ma se non te lo puoi permettere, lascia che la colpa se la prendano altri: “tu” non uccidi il fegato dei ragazzini perché sei un dado del sistema.