[Roma: il soffitto del Pantheon]
È tutto pronto. Tutto spettacolarmente meraviglioso. Seguo in diretta, via internet, i preparativi. Paggy, il primo comandante donna della Stazione spaziale, resta dentro. Sfoggia due calze a righe rosse e bianche. La cosa stupefacente è che via internet riceviamo le immagini che provengono dallo spazio, quelle stesse che utilizzano il centro di controllo della Nasa a terra. Paggy ha in mano la telecamera mobile. Poi ce ne sono altre fisse, in diversi posti, all’interno della Stazione spaziale internazionale ed all’esterno, compresa una sulla testa di ogni astronauta. Lo Shuttle ha ancora nella sua pancia, nella stiva, il laboratorio Columbus dell’Esa (l’Agenzia Spaziale Europea). Tra poco sarà messo in orbita intorno alla Terra come una propaggine della base.
La madre Terra è sullo sfondo e assiste attonita a ciò che i suoi figli sono riusciti a fare in pochi decenni. L’aspetto sorprendente è il fatto che sia stato tutto programmato in ogni minimo particolare, tutto protocollato. Non c’è azione che sia dovuta ad iniziativa personale. Paggy, legge le fasi che via via vengono eseguite, ed ogni azione è comandata e propiziata nell’ora e minuto stabiliti.
Ore 15,14. Il boccaporto è aperto. Ci pensate? Loro ora viaggiano alla velocità di circa 28.000, sì ventottomila chilometri all’ora, intorno alla Terra, chiaramente la stessa velocità dello Shuttle e della base spaziale a cui sono agganciati. Tutto avviene a circa 400 chilometri sopra le nostre teste. Ogni ora e mezza fanno un giro completo intorno alla Terra, nel vuoto, per cui non se ne rendono neanche conto.
Che entusiasmo. Buona passeggiata e buon lavoro ragazzi.
