[Tramonto a Monfalcone]
10 marzo, ore 17.00. Torno a casa. Nuvoloni, neri, carichi di pioggia. Nero che sembra notte. Il momento è ideale. Mi vesto da ciclista. Preparo la bicicletta dotandola di accessori per la notte, indosso le scarpe e divento un “marziano”.
Stamane una mia cara amica triestina mi ha rimproverato, dicendomi che qui a Trieste non si usa, si esce dalle 6 alle 11 del mattino e non la sera quando la gente è stanca, esce dagli uffici e affolla il confine sloveno.
Difficoltà che non avevo percepito in altre parti del mondo. Ma la sua è protezione affettiva, per il pericolo “da scampare”. In effetti arrivare a Muggia, verso il mare d’oriente, conquistando il confine sloveno, è stata un’avventura, ma per questo ancora più intrigante, per non usare il verbo eccitante. Dopo circa un’ora per via del traffico, delle esalazioni del traffico automobilistico e delle gallerie ero ancora all’altezza di Via Flavia, arteria di uscita della città, verso est e il confine sloveno di Rabuiese e Lazzaretto. E’ stata dura.
Una volta però superata Muggia, dopo porto san Rocco, si spalancano le porte del Paradiso. Costeggi il mare. La strada lo lambisce, o forse è l’acqua che accarezza l’asfalto. Resta il fatto che ero letteralmente nell’acqua, pedalavo sul mare, mentre il cielo si apriva e dava spazio alla luce del sole per donare uno dei tramonti bellissimi di Trieste. Barche, navi, vele, motoscafi. Pochi ma rappresentanti degli oggetti sopramarini, versi di uccelli sul lato sinistro, il lato monte. Silenzio assoluto, per il resto. In un tratto di 10 chilometri, solo 2 auto che raggiungevano il confine per fare il pieno di carburante. Ero completamente solo.
E mi è sopraggiunto il pensiero ai quartieri della mia seconda grande città in cui ho vissuto. La Milano da bere, negli anni ’80. Quanto avrei dato allora per trovarmi a pedalare affianco al mare e godere di quella vista.
Ho fatto un rapido consuntivo: quanto ho dato per poter essere lì in quel momento?Ho sacrificato la mia carriera lavorativa, sono passato dalla Silicon Valley ai cantieri siderurgici sparsi nel mondo, a mangiare letteralmente il pulviscolo di ferro e acciaio. Ed ora mi ritrovavo ad aver respirato un’ora di smog per poter godere di 2 ore circa del volo dell’anima.
Sono il solito ragazzo di sempre, felice di aver apprezzato anche ieri sera una luna “turca”, lo spicchio nascente con l’ombra della parte non illuminata dal sole ma riflessa della luce della Terra. Un vero spettacolo che, se fossi stato presidente della Ditta X, non avrei mai ammirato.
Grazie Vita!
Commento Uno
Massimo rispetto a Sabai. Che cerca nuove prospettive. Che ha l’obiettivo negli occhi. Che osserva i dettagli. Che ascolta le sfumature. Che cura il proprio fanciullino. Che non esiste, vive e siccome vive e non esiste… sfiora la matrice. Festina lente, amigo la lotta è appena iniziata…
