54. Cellulare: libertà o schiavitù?

 

[Sbirciando su una via centrale di Amsterdam]

“Che succede amico mio? Non ci sei o … non vuoi esserci?” Questo é il messaggio SMS che mi è giunto ieri. Me lo ha inviato un amico. Ma poi mi sono chiesto: è veramente un amico? (lo è!) Si, si! Certo! C’è del sarcasmo nel messaggio. Lo stesso sarcasmo che viene usato quando mi chiedono: Ma dove sei stato, ai Caraibi? Oppure: Ma lei lavora qui, è forse nuovo del posto? Solo perché chi ti vede non è passato dalle tue parti o tu non hai avuto modo di incontrare l’altra persona perché avevi altro da fare, perché eri impegnato in altre faccende. Si, il sarcasmo c’è. Ma c’è anche una verità di fondo! C’è l’ansia di chi non capisce se non “puoi” o non “vuoi” rispondere. L’ansia di chi non sa e non ha la “possibilità” di sapere cosa tu stia facendo in quel momento. Perciò comprendo. Ed ora traduco il mio pensiero. Tu hai acquistato un cellulare. Bene, l’ho acquistato anche io. Solo per questo motivo abbiamo accettato, come se avessimo apposto una firma in calce ad un contratto, col nostro sangue, le condizioni d’uso dei cellulari. E non solo. Abbiamo accettato di “non” essere più liberi. Si! Avevi acquistato il cellulare per una tua comodità. Puoi raggiungere tutti ovunque e puoi essere raggiunto da chiunque, ovunque. Bene! Ma il “grande fratello” che vuole il controllo completo di tutti gli altri suoi fratelli, ti avvisa anche quando sei fuori dalla portata del segnale telefonico e, ciò che è peggio, quando ritorni ad essere disponibile. Chi mi ha cercato viene avvisato che sono finalmente ritornato al mondo. Ma la cosa diventa ancora più frustrante, perché la domanda dell’amico, o di chi si ritiene tale, a questo punto è più pretenziosa: Ma dov’eri? Perché eri fuori campo? Come ti sei permesso? Ma poi, eri veramente fuori dalla copertura del segnale telefonico o hai spento il cellulare, sapendo che avrei potuto cercarti in quell’intervallo di tempo? Allora, amici miei che mi leggete senza che alcuno vi obblighi, secondo una vostra precisa scelta di libertà! Siamo liberi di usare il cellulare per nostra comodità? Oppure abbiamo accettato di essere controllati e colpevoli di fuggire le amicizie o gli amori? Perciò, mio caro amico in firma all’sms di cui sopra: Io ti ho risposto che il mio telefono cellulare è un mio schiavo, un mio strumento e non viceversa. Io ti ho risposto che in certi giorni e in certe fasce orarie non lo uso anche se è acceso, e lo silenzio. Tu che elementi hai per sapere se dico la verità? C’ero o non volevo esserci?

Commento Uno
Saba Brother, ti dispiace se ti richiamo io dopo….? Siamo cellule di un organismo più grande. L’interconnettività ha drasticamente diminuito lo spazio del privato espandendo tutto alla dimensione pubblica. Lasciamo una traccia continua che è tranquillizzante fino al momento in cui ci soffoca. Sito, mail, telefono acceso… a grandi linee so dove sei, se sei a casa, al lavoro o in giro, se sei connesso o no! Se il cellulare è scarico ci prende un ansia sottile, siamo disconnessi, non raggiungibili, persi. E se succede qualcosa di importante? Oggi ogni cosa è urgenza insopprimibile, una volta come facevano? Quando cerchi il tuo amore al telefono ed è spento non provi un brivido di preoccupazione? Siamo costretti ad essere raggiungibili. Quando lo sarai una volta dovrai esserlo per sempre. Non ci sembra incredibile sapere che qualcuno non sia dotato di cellulare? Se di solito ti rendi accessibile e disponibile, nel momento in cui non lo sarai desterai stupore, fastidio, curiosità. Le aspettative che crei, dovrai soddisfarle da qui al futuro anteriore, te la senti? E se la facilità di comunicazione creasse rapporti “facili”? E se la possibilità di contatto continuo rendesse i rapporti (frequentemente) vuoti? Il fatto stesso di essere raggiungibili, ci impone l’onere di essere raggiunti? I nostri interlocutori accampano un giusto diritto alla nostra attenzione? Gli dobbiamo davvero qualcosa? Ti risponderei, amigo, ma ora non voglio esserci

Commento Due
Caro Saba, quanto ti capisco… Questa settimana l’ho provata talmente forte l’ansia da cellulare che… l’ho spento! Ed è rimasto spento tutto il venerdì, tutto il sabato, e tutta la domenica :-) I’m so happy! Perché: sapevo chi mi avrebbe chiamato e, piuttosto che “dover decidere se avevo voglia” di rispondere o meno (era già una decisione di troppo), preferivo che fosse spento. Nel momento in cui potrò parlare, richiamerò io. Non lo considero maleducazione, perché il contratto col cellulare l’ho sottoscritto io con il mio cellulare e le regole quindi me le scrivo io d’accordo al mio buon senso (che include per esempio abbassare la suoneria “sempre!” al minimo indispensabile per sentirla). Chi mi conosce non penserà male se non rispondo, e se pensa male, mi conosce poco o mi giudica con parametri propri. Non posso prendermi la responsabilità di cosa penseranno…I n più, la mia compagnia telefonica aveva attivato di default quel “servizio” che spiava agli altri quando “riaccendevo” o ritornava la copertura. Era perché avevo la segreteria telefonica! Per togliere la spia ho dovuto togliere anche la segreteria. (in compenso ora quando riaccendo sono ”io” che ricevo il messaggio “Ti ho cercato”… ma questo non tutti lo sanno ;-) hi hi hi… La mia filosofia è “se è importante, richiameranno”. :-) saludos e scusa se mi sfugge qualche doppia di troppo o di meno.

Commento Tre
Io invece penso che dipenda tutto dalle aspettative. Sarò sfigata ma tante volte mi è capitato di parlare al mio cellulare, qualche volta mi ci sono pure arrabbiata chiedendogli “ma quand’è che squilli” è pur vero che avendo due numeri nel week end o quando non ho voglia di parlare, lascio acceso quello del cuore. Cosi ho risolto. Dolce notte universo.