65. La scelta irreversibile davanti ad un bivio: mio padre

[Padre e figlio]

 

Ne parlavo l’altra sera a cena. Me ne ha dato modo di pensarci, ancora, una mail che mi è giunta proprio adesso: ”Ai corsi me lo dicevano, il comunicatore è un consulente. Comunque i consigli sai bene quello che valgono”. Quando si parla di consigli, quando si cerca qualcuno per un confronto, in quel momento mi viene in mente mio padre. Lui è andato via 26 anni fa. Non era quasi mai a casa con noi perché faceva il cuoco in una nave militare della Marina Italiana, il “Caio Duilio”. Erano sempre in giro per esercitazioni e per rappresentanze. Ricordo il viaggio (crociera militare, si chiamava e penso che continuino a chiamarla così) più lungo: 6 mesi tra Africa occidentale e sud America. Noi 3 figli (io sono il più grande) lo vedevamo come un Babbo Natale “a tempo pieno”. Tornava in qualsiasi periodo dell’anno e ci portava i doni più disparati. Dai giocattoli più elementari a quelli più sofisticati, per continuare coi souvenir dal buon gusto, che ricordavano le città in cui approdavano. Non era sempre così serena, da parte nostra, l’attesa del suo rientro a casa. Quella volta eravamo a cavallo tra la fine di aprile e l’inizio del maggio 1986, il disastro di Chernobyl imperversava e loro, o meglio la sua nave, il Caio Duilio, furono oggetto di un attacco missilistico da parte della Libia di Gheddafi, al largo di Lampedusa. Erano semplicemente partiti pochi giorni prima il disastro e dopo l’attacco libico non avevamo alcuna notizia, per oltre un mese. Seguivamo dai telegiornali e dai media le loro rotte e le loro vicende, senza poter parlare con lui o sapere nulla di ciò che succedeva a bordo.
Mio padre era inquadrato come dipendente civile e non militare, anche se era al servizio di una nave militare, un incrociatore lanciamissili, pronta ad entrare in guerra. Gli era stata posta la possibilità di scegliere se sbarcare a Ragusa e tornare a casa o continuare a prestare servizio senza l’indennità di guerra, non essendo un militare. Sulla nave vigeva lo stato di allarme massimo (qualcosa che ha a che fare con lo stato di operazioni militari di difesa del territorio nazionale, in una parola “guerra”). Insomma, lui decise che doveva continuare la sua missione restando su quella nave, per far da mangiare al personale di bordo, a quelli che lui diceva che fossero i suoi “ragazzi”! Perdonatemi, la presentazione di questo uomo, al secolo Aldo, l’ho sentita e la volevo fare. Ebbene, lui non mi manca come persona fisica, non mi manca per l’egoismo che abbiamo, noi prima figli e poi genitori, di appartenersi l’un l’altro, fino alla fine dei secoli. Noi siamo “a finire” e non possiamo e non dobbiamo appartenerci all’infinito. Ma ciò che mi manca di Aldo è il mio punto di riferimento, il mio esempio, il mio consulente globale. Per le mie scelte di vita, sono partito da casa dei miei genitori all’età di 18 anni. Da allora lui ha continuato ad essere al mio fianco, come quando ci lasciava per le sue crociere. Era presente, pur essendo sempre assente. Sia da ragazzo che da adulto, gli chiedevo i consigli più disparati. Aspetti determinanti della mia vita, scelte irreversibili che mi si ponevano davanti ad un bivio. Bene! Io sapevo già il suo punto di vista, la sua risposta. Lui me la proponeva, ma poi facevo come la volevo io. Ma quanto mi piaceva ascoltare il suo punto di vista, sebbene alcune volte fosse discordante dal mio, e mi piaceva tanto ascoltare quella sua frase: “Io ti ho detto la mia, ma tu fai come credi sia meglio per te. Sono certo che la tua sarà la scelta migliore che nessun altro potrà fare. Sicuramente non sbaglierai”.

Commento Uno
È così. Davanti alle scelte importanti sentiamo il bisogno di consultarci, sentire un’altra opinione, possibilmente di una persona di cui ci fidiamo. Cerchiamo appoggio perché sentiamo che la scelta è importante e quindi richiede riflessione. Tutto questo anche se, alla fine, dentro di noi, abbiamo già deciso. Noi abbiamo fatto diventare la scelta irreversibile. Che ci piaccia o no, ci sono bivi da imboccare, porte da chiudere e altre da aprire. Il “coraggio” di farlo ci rende adulti. Scelte giuste o sbagliate, non importa scelte nostre. Diceva bene tue padre. Ogni scelta ha una componente oggettiva (su cui anche gli altri possono esercitarsi) e una soggettiva che spetta inevitabilmente (e per fortuna) a noi. Nessun altro può cogliere quegli aspetti intimi che costruiscono la nostra visuale. Post di grande qualità, molto ispirato, complimenti. Hai veramente una grande umanità e una narrazione semplice ma che coglie nel profondo. Umano troppo umano. Sabasan troppo Ripples.