80. SPAM, cosa è veramente! La Posta e la Carne

[Flora slovena ad Idrija]



“Spam”: minuscolo al computer, maiuscolo al supermercato. Le origini dello “Spam”: carne in scatola e gag. L’origine del termine «spam» deriva da uno sketch dei Monty Python in cui una parola è ripetuta ossessivamente. La Posta e la Carne. Chiedete a chiunque utente di internet che usi abitualmente la posta elettronica che cos’è lo spam: con una smorfia di fastidio vi risponderà che si tratta dell’irritante abitudine di spedire e-mail pubblicitarie a destinatari che non ne hanno fatto richiesta. Provate invece a chiedere a un britannico che cosa evochi il nome spam: è probabile che gli venga in mente una marca di carne in scatola fabbricata dalla Hormel Food Corporation. Il prodotto è celebre come una delle poche carni escluse dal razionamento alimentare durante la seconda guerra mondiale, e la sua famigerata celebrità è durata anche negli anni successivi. La carne in scatola SPAM (www.spam.com). In realtà SPAM è un acronimo: la fonte originale del nome è Shoulder of Pork And haM (spalla di maiale e prosciutto). Altre spiegazioni possibili sono SPiced hAM (prosciutto aromatizzato), Spiced Pork and hAM (maiale e prosciutto aromatizzati), Specially Processed Army Meat (carne per l’esercito fabbricata in modo speciale) oppure Specially Processed Assorted Meat (carne mista fabbricata in modo speciale) per la versione light che contiene carne sia di maiale che di pollo. Sembra impossibile, ma la carne e la posta sono in relazione. Il nesso è costituito da una scenetta dei Monty Python, ormai un classico nel Regno Unito. Un gruppo di vichinghi siede in un ristorante e ordina dei piatti “senza” SPAM, cosa che la cameriera puntualmente disattende. La scenetta è probabilmente legata proprio alla politica di razionamento bellico della carne. Nel finale tutti cantano una canzone che ripete infinite volte le dubbie virtù dello SPAM, da cui il nesso. Preoccupata dalla potenziale violazione del marchio registrato SPAM e dal possibile danno d’immagine connesso al legame con lo spiacevole fenomeno informatico, la Hormel è ricorsa agli avvocati. Ecco la soluzione di compromesso, che l’azienda mette bene in vista sul suo sito Web: “Non ci opponiamo all’uso di questo termine gergale per descrivere la posta commerciale non richiesta, benché ci opponiamo all’uso del nostro prodotto in associazione con questa parola. Inoltre, se il termine deve essere usato, deve essere scritto solo in lettere minuscole per distinguerlo dal nostro marchio registrato SPAM, che dovrebbe essere scritto solo in lettere maiuscole”. La distinzione è fondata, ma viene da chiedersi se l’azienda non intenda sfruttare in qualche modo la celebrità causata dall’omonimia. Infatti navigando nel sito http://www.spam.com potrete vedere una lunga pagina dedicata alla vendita di oggetti col marchio «SPAM»: t-shirt, cappellini, intimo, giocattoli e ogni sorta di gadget di dubbio gusto, incluso un costume da carnevale da scatoletta di carne! Esiste anche una vera e propria comunità di SPAMmer “buoni” (da non confondere con gli spammer “cattivi” delle e-mail), e chissà che prima o poi anche loro non vi invitino via posta alle loro riunioni.